Il 21enne pianista veneto sta studiando con intensità i capolavori del Romanticismo tedesco.
«Di Brahms mi attrae la grande forza interiore». È atteso a New Orleans per suonare il Concerto n. 1 di Cajkovskij e lo scorso marzo è arrivato in finale al prestigioso Concorso “Rubinstein” di Tel Aviv.
A 21 anni, il pianista trevigiano Elia Cecino è uno dei nuovi volti del pianoforte in Italia. Premio Venezia 2019, medaglia d’oro ai concorsi di New Orleans, di Manchester e al “Viñes” di Lleida, in Spagna, il percorso di Cecino l’ha portato a debutti con grandi orchestre (Royal Liverpool Philharmonic, Orchestra della Fenice, Sinfónica de Galicia) e in alcune delle più importanti sale al mondo. Un percorso di successo che Cecino descrive con serenità.
⌈ Il suo successo sarebbe notevole per un musicista con il doppio dei suoi anni, eppure ne parla con nonchalance. Perché? ⌋
Ho avuto la fortuna di crescere in un contesto in cui i miei tempi sono stati sempre rispettati. Non vengo da una famiglia di musicisti, mi sono avvicinato al pianoforte a nove anni per caso e per gioco e ho potuto acquisire consapevolezza delle mie qualità senza pressioni. Concorsi e concerti erano semplici attività formative.
⌈ Oltre alla famiglia, il merito va anche ai suoi maestri? ⌋
Decisamente. Sono stato fortunato ad avere al mio fianco Maddalena De Facci, con cui ho studiato fin dall’inizio, che è tuttora una guida e un punto di riferimento e che ha sempre alimentato la mia passione per la musica.
⌈ Nel suo percorso figurano i nomi di due grandi pianisti e docenti dei nostri tempi, Andrzej Jasinski ed Elisso Virsaladze. Che cosa ha imparato da loro? ⌋
Sono due personalità molto diverse. Con Jasinski ho lavorato sull’aspetto più tecnico del pianoforte, nel solco dei grandi pianisti del passato. In Virsaladze ho trovato una mentalità aperta e avvezza alle necessità del palcoscenico e mi ha trasmesso una grande energia e il desiderio di sfide sempre nuove.
⌈ Quali sfide deve affrontare un pianista, oggi? ⌋
Per me essere un interprete significa fare da tramite per divulgare il linguaggio senza tempo della musica e portarlo alla nostra società. La musica ti permette di vivere con più significato ed empatia. Voglio comunicare questo senso di appagamento a chi mi ascolta.
⌈ Riesce a comunicarlo ai suoi coetanei? ⌋
Sì, anche se credo che molti dei miei ex compagni di scuola non abbiano davvero chiaro cosa io faccia nella vita (ride). Però percepiscono il mio impegno e spesso mi hanno sentito suonare dal vivo.
⌈ Ci sono autori o repertori che funzionano meglio con loro? ⌋
Vedo che il repertorio romantico e in particolar modo Chopin creano facilmente una connessione, mentre i pezzi più impressionanti o violenti, come la Settima Sonata di Prokofiev saltano all’occhio e infrangono gli stereotipi più comuni sulla musica classica.
⌈ C’è un repertorio che invece le interessa affrontare adesso? ⌋
Sono molto interessato al Romanticismo tedesco, Schumann e Brahms in particolare. Con Schumann mi sento libero, mentre di Brahms mi attrae questa grande forza interiore. Non vedo l’ora di poter affrontare il suo Concerto n. 1, l’anno prossimo.
⌈ Si ricorda come fu la sua prima volta con una orchestra? ⌋
Avventurosa! Mi chiesero all’ultimo minuto di suonare il Concerto K 491 di Mozart con il Concentus Musicus Patavinus, avevo 14 anni e fu un impegno importantissimo. Alla prima prova mi sentivo fuori di me, come se facessi parte di un grande strumento. Era diverso da tutto ciò che avevo fatto fino a quel momento, c’è voluto un po’ perché cominciassi a prenderci la mano.
⌈ Quali sono i suoi prossimi progetti? ⌋
Ho in programma alcuni viaggi piuttosto intensi. Dovrò suonare il Concerto n. 1 di Cajkovskij a New Orleans, poi altri concerti, un progetto discografico, musica da ca-mera… C’è tanto da fare. Una cosa alla volta, un passo alla volta.
Alessandro Tommasi
Amadeus
maggio 2023