
Nell’applaudito concerto in scaletta due studi composti da Livio Bollani hanno chiuso l’ampio percorso stilistico.
È abitudine diffusa, quella di considerare le opere realizzate dai compositori – e in particolare quelli del passato – essenzialmente per le loro caratteristiche esteriori, come se fossero, in un certo qual modo, creazioni di esseri “astratti”. Ma la musica, come ogni altra manifestazione dell’espressione artistica dell’uomo é appunto “umana” e quindi condizionata, volente o nolente, dalle vicende personali del compositore: la sua salute, i suoi amori, i suoi sentimenti, le sue emozioni, insomma da tutti quegli aspetti che caratterizzano la vita quotidiana di ogni persona.
Un chiaro esempio di questo rapporto l’ha offerto il programma del recital pianistico che si é tenuto venerdì scorso al Municipale, organizzato dalla Fondazione Teatri in coproduzione con la Fondazione Valtidone Musica e che ha avuto come protagonista il giovanissimo Elia Cecino. I brani eseguiti erano infatti accomunati dall’essere stati composti in periodi particolari della vota dei compositori e quindi, proprio per questo, oltremodo interessanti, oltre che particolarmente impegnativi per l’esecutore, che è stato chiamato ad interpretazioni quanto mai doverosamente “pertinenti e autentiche”.
Non è stato però un problema per Elia Cecino, straordinario protagonista del concerto, che a dispetto della giovane età si è già imposto all’attenzione del pubblico e della critica a livello internazionale. La sua lettura é infatti scesa in profondità in ognuno dei brani in programma, riuscendo ad evocare l’animus del compositore e soprattutto a regalarle emozioni agli ascoltatori.
Il primo brano eseguito, la “Sonata in sol maggiore op. 31. n. 1” di Ludwig van Beethoven, scritto dall’autore alla vigilia del famoso “Testamento di Heiligenstadt”, la lettera indirizzata ai fratelli (peraltro mai inviata e poi rinvenuta in un cassetto segreto della credenza di Beethoven qualche giorno dopo la sua morte), con il quale il musicista esprimeva la sua disperazione davanti alla crescente sordità e l’intenzione di volersi isolare dalla società, trabocca di una giocosità è una vivacità a tratti quai eccessive, ne Beethoven impresse al brano con tutta probabilità in modo intenzionale, come una sorta di “reazione” al male che lo affliggeva. Cecino l’ha eseguito con scioltezza, freschezza e briosità, esaltando colori e dinamiche nel primo movimento, deliziosa e spensierata contabilità nell’Adagio grazioso e leggiadria nel Rondò conclusivo.
Discorso analogo per il brano successivo, la “Sonata n. 3 in fa diesis minore op. 23” di Aleksandr Skrjabin, scritta nel periodo immediatamente successivo alle infelici e tormentate nozze del compositore russo. Abbandonata la serenità della Sonata beethoveniana, il pianista trevigiano si è “immerso” nella atmosfere elegiache che percorrono tutto il brano, alternandole a meravigliose sonorità sospese in una “leopardiana immensità”.
Dopo i brevi e ritmati “Klavierstucke” n. 1 e 3 di Livio Bollani, nei quali il pianista ha anticipato il virtuosismo tecnico che avrebbe esibito subito dopo, il finale del recital ha regalato, nuovamente, un emblematico collegamento tra composizioni e vita del suo autore, con la “Sonata n. 7 in si bemolle, op. 83” di Sergej Prokofiev. Un brano che risente pesantemente dell’opera in cui venne scritto (la seconda Guerra mondiale), oltre ad essere una delle composizioni tecnicamente più difficili per un pianista. Dopo aver esibito una perfetta intensità di tocco nell’”Andante caloroso”, Cecino ha messo “il sigillo” ad un concetto da incorniciare nel percussivo “Precipitato” conclusivo, esibendo una tecnica sfavillante, prima di regalare due bis e ricevere i meritatissimi applausi finali.
Mauro Bardelli
Libertà di Piacenza
3 ottobre 2021
