
L’Arena – Il Giornale di Verona
Il giovane pianista si è rivelato abile fraseggiatore, maturo interprete e infaticabile esecutore regalando il fascino di una apollinea musicalità
Abile fraseggiatore, maturo interprete, infaticabile esecutore. Questi, e non solo, i “segni particolari” di Elia Cecino, giovane protagonista, l’altra sera in Sala Maffeiana (giorno e location in cui, 252 anni fa, si esibi un ancor più giovane Wolfgang Amadeus Mozart), del concerto di apertura di «Mozart a Verona», rassegna organizzata da Comune di Verona, Fondazione Cariverona, Accademia Filarmonica e Fondazione Arena, in omaggio al primo viaggio in riva all’Adige del prodigio di Salisburgo.
Al quale Cecino, appena insignito del Primo Premio “James Mottram International Piano Competition”, ha dedicato i brani del primo tempo, per poi passare dall’apollinea musicalità mozartiana al raffinato virtuosismo dei primi romantici. Un repertorio che gli ha consentito di esaltare tutte le potenzialità timbriche di quel regale strumento che è il pianoforte.
Mostrando una personalità sua propria sia in partiture più lineari come la Sonata in do maggiore k330 di Mozart, che in scritture più frastagliate come le variazioni di Mendelssohn.
Davvero garbata l’esecuzione della k330, facente parte di quel nucleo di sonate composte del saliburghese per lo più a fini didattici, in modo cioè da poter essere eseguite anche da musicisti non professionisti. Che non è certo il caso del nostro solista, capace invece, con la sua sciolta articolazione, nonché tocco aggraziato, di volgere il modesto impegno tecnico della partitura interamente al servizio di una melodia deliziosa. E questo, tanto nell’Allegro moderato, dove l’abbondanza di scalette e arpeggi innesca un discorso più declamato e brioso, quanto nell’Andante cantabile, dove il pianista trevigiano mostra di fare un misurato uso del pedale, adatto alla caratterizzazione del brano.
Così, nella Fantasia in re minore k397, dove la pedalizzazione – più frequente – rischia di far glissare in una narrativa pseudoromantica, più che settecentesca. Rischio che Cecino ha tenuto sotto controllo, preludendo tuttavia al successivo clima – quello sì, di ampio afflato romantico – delle Variations sérieuses op. 54 di Mendelssohn.
Capolavoro imperniato su un tema pilota di carattere meditativo, sul quale l’autore costruisce una serie di situazioni tecniche ed espressive, che in pochi secondi conducono da esposizioni brillanti e concitate, come quelle delle variazioni 7, 8 e 9, a momenti di assorto lirismo.
È questo, un vero e proprio mosaico musicale, fatto di adagi, fughe, scherzi, tutti legati da una poetica unitaria, che il pianista restituisce in ogni singola sfumatura.
Grande performance anche nelle mazurche op. 24 e nei notturni op. 32, di più intima atmosfera, forgiati dal raffinato estro di Chopin. Nella cui esecuzione, il solista conferma la sua duttile e cristallina espressività.
Oltre che una sensibilità fuori dal comune per un ventenne, sugellata anche da un progetto discografico inciso nella stessa sala Maffeiana, il cui ricavato sarà devoluto all’acquisto di un pianoforte da donare a un orfanotrofio della Romania. Incantevole, infine, si è rivelato il bis concesso, sulle note del notturno in fa maggiore di Cajkovskij.
Francesca Saglimbeni
L’Arena
7 gennaio 2022